Saper dosare gli ingredienti ovvero la sapienza del Cuoco

Questa settimana parliamo del Cuoco. Cuoco è chi ha una profonda comprensione delle potenzialità degli ingredienti e lavora per favorirne la massima espressione. È appagato quando riesce a far emergere i sapori, i profumi, i colori in un equilibrio di crescita. In altre parole, usa le sue ricette per aiutare la persona a cuocere i suoi ingredienti interni. Lavora per far emergere la bellezza e le caratteristiche più interessanti e magari nascoste della persona, proprio come fanno i grandi chef, quando cercano di esaltare le caratteristiche di ingredienti insoliti o sperimentano mix inediti. Deve quindi fare attenzione e non “farsi prendere la mano”, mantenendo un’attenzione bilanciata e costante alla visione generale, che gli consente di creare perfetti accostamenti e abbinamenti, ma curando anche la visione specifica per scegliere accuratamente i singoli ingredienti. Non è detto che un ingrediente fresco e buono vada bene per tutte le ricette e in tutte le cucine!

Quella del Cuoco è una figura che incarna una delle metafore più complesse che esistano: la cucina, con tutto il corollario che si porta dietro di scoperta, fantasia, inventiva, ma anche di attenzione alla tradizione, cura dei dettagli e pazienza rappresenta un ponte fra il particolare e il generale, fra il passato di una società e il suo presente, e ci parla del posto che ogni elemento (anche il più piccolo e apparentemente insignificante) deve trovare nel grande ordine delle cose.

Il grande antropologo Claude Lévi-Strauss ha usato le categorie di “crudo” e “cotto” per classificare i diversi tipi di società. L’atto di cuocere i cibi viene considerato addirittura da Lévi-Strauss il punto di accesso alla cultura e, quindi, alla dimensione sociale. Qui emerge chiaramente come il processo di trasformazione del cibo è fin dall’inizio un processo sociale, in cui la dimensione conviviale segna la nascita vera e propria di una comunità. Il rapporto col cibo ha letteralmente segnato l’evoluzione delle varie comunità umane. Pensiamo solo al complesso e articolato sistema di prescrizioni alimentari presenti nel Vecchio Testamento e nel Corano, al pane e ai pesci del Nuovo Testamento, al peccato di gola: il modo di mangiare e di cucinare le pietanze ha definito nei secoli anche l’appartenenza religiosa. Il cibo è diverse cose allo stesso tempo: cultura e nutrimento, soggezione alle leggi di natura, ma anche alle regole che formano una cultura e, persino, una questione di identità.
Come riassume bene lo storico Massimo Montanari, che ha dedicato molti studi all’alimentazione:

“Preparare il cibo è un gesto materiale ma al tempo stesso intellettuale, così come è profondamente intellettuale (oltre che materiale) elaborarlo e consumarlo, attribuendogli simboli e valori estetici, religiosi, o semplicemente ricercando il modo per trasformare in piacere questo gesto primordiale e necessario.”*

Ecco perché in una comunità (di qualunque tipo, anche professionale) quella del Cuoco è una figura che ha grandi responsabilità perché da lui (o da lei) dipendono la scelta e il dosaggio degli ingredienti, laddove – fuor di metafora – questi ingredienti altro non sono che le caratteristiche distintive di ogni singola persona, che vanno combinate affinché diano vita alla ricetta ovvero al mix di competenze e qualità migliore.

* Massimo Montanari, Cibo, storia, didattica, in «I quaderni di MicroMega» (supplemento al numero 4/2004 della rivista).

Leggi la II puntata del viaggio: Nadia Boulanger. Il Cuoco come insegnante

 

I contenuti di questo post sono rilasciati con licenza Creative Commons 3.0 (CC BY-NC-SA 3.0). Il dipinto è Banchetto nuziale di Bruegel il Vecchio, conservato presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna.

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