Il soffitto di vetro di Yahoo!
È di poche ore fa la notizia che una donna, per giunta incinta, è il nuovo Amministratore delegato di Yahoo! Basterà ad accelerare la difficile scalata femminile ai vertici aziendali?
“Lei” si chiama Marissa Mayer e se non l’avete mai sentita nominare vi sarà senz’altro capitato di usare una delle sue creature: la Marley è infatti una delle menti dietro Google Maps e Google Earth, oltre ad essere stata fino allo scorso lunedì la vice-presidente del colosso di Mountain View. Se nella giornata di ieri siete stati anche solo un po’ sulla rete, magari su Facebook e Twitter, vi sarete accorti di come il fatto che una donna di 37 anni in stato interessante sia stata nominata ad uno dei posti più ambiti della Silicon Valley abbia scatenato l’entusiasmo (in qualcuno anche la perplessità e c’è chi sostiene che abbia lasciato Google per una mancata promozione) di moltissimi. La sola idea di una donna ai vertici di una delle società tecnologiche più importanti al mondo è così sconvolgente che oggi «La Stampa», con comprensibile ma forse prematuro entusiasmo, titola: “Lady Marissa e le altre: il potere delle donne conquista Silicon Valley”. La notizia viene comunque data nella sezione “Costume”, non certo in “Economia”. La stampa (questa volta con la S minuscola) americana non è stata da meno, scatenandosi in una corsa ai complimenti, ai consigli, ai dubbi. Uno per tutti, il tweet di un’altra signora “che conta”, Arianna Huffington, che ha definito la Mayer come “la donna incinta più potente d’America”:
Non c’è dubbio che il team della gravidanza abbia amplificato la percezione della svolta epocale in un mondo del lavoro globale che, di solito, non tratta benissimo questa fase della vita di una donna. E infatti Concita De Gregorio, giornalista ed ex direttore de «L’Unità», twitta:
Insomma, tutti hanno avuto la loro da dire. (Peraltro, se volete sapere come sta reagendo lei, gli aggiornamenti dal suo account Twitter @marissamayer sono puntuali e interessanti).
Da parte nostra, non possiamo che farle i nostri migliori auguri (per tutto) e sperare che il suo esempio serva finalmente a imprimere una velocità diversa alla presenza di donne ai vertici delle aziende (grandi, ma non solo).
Certo, è difficile essere ottimisti se si considerano i risultati dello State of Women-Owned Businesses Report, uno studio commissionato di recente da American Express sulla situazione delle imprese a proprietà femminile negli Stati Uniti. Cresciute in numero nel corso degli ultimi cinque anni, tanto che oggi rappresentano il 29% di tutte le aziende americane, queste imprese non contribuiscono in modo altrettanto importante all’economia del loro paese: si parla dell’impiego del 6% della forza lavoro totale e di entrate che faticano a raggiungere il 4%.
Fra i motivi che lo studio identifica ci sarebbe la scarsezza di venture capital: appena il 5% a livello nazionale, il che pone un problema, specie tenendo conto del fatto che parliamo di quasi un terzo delle imprese totali. In pratica, delle donne ci si fida ancora troppo poco, almeno non abbastanza da investire su di loro e sulle loro idee.
American Express ha riassunto in un’infografica i dati contenuti nel report. Certo, basta guardarla per capire che per le imprenditrici la strada sembra ancora lunga…
UPDATE
Oggi, 18 luglio, è uscito oggi su Wired un bel post di Silvia Zanella che spiega perché la carriera di Mayer sarebbe stata impossibile in Italia. Fra le altre cose, viene citata una recente indagine Cerved – Manager Italia, che conferma quanto ancora sia bassa la presenza di donne nei ruoli apicali delle imprese italiane:
“È donna il 9% degli amministratori delegati e il 16% dei dirigenti, con un’interessante correlazione positiva: più il board è in rosa, più si ingrossano le fila dirigenziali dello stesso sesso. A livello anagrafico, le top executive sono mediamente più giovani dei loro colleghi uomini, anche se siamo lontani dal modello Mayer: solo una su 5 ha meno di 45 anni (nel caso maschile, si supera di poco il 13%) e quasi la metà ha meno di 55 anni (il 49,2%, contro il 43,6% degli uomini). Come sottolinea però la ricerca nella fascia dirigenziale le donne “sono più istruite e nettamente più giovani dei loro colleghi uomini. Tuttavia anche tra i dirigenti più giovani, una situazione di parità uomo‐donna è ben lontana: il peso femminile tocca un massimo del 22% tra gli executive under 35 e una percentuale del 19% tra quelli nella fascia d’età 35‐44 anni, per poi scendere nelle fasce di età superiori, fino all’8,7% tra gli over 65″. Qualcosa quindi, pur lentamente, si muove”
Il post integrale si può leggere sul sito di WIRED.
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