Patti per gestire un presente complesso: il caso di Confindustria Udine

Navigare in contesti sempre più complessi, segnati da forte instabilità e dentro uno scenario – sociale prima ancora che economico – che sta mutando velocemente è la grande sfida delle organizzazioni di oggi. Come sostenere questa traversata? Ricordando che lo sviluppo organizzativo è anche sviluppo di comunità, in cui è fondamentale stringere patti di alleanza dalla forte connotazione valoriale.
In questa testimonianza per
Realtà industriale di maggio, il nostro CEO Alessandro Rinaldi spiega l’importanza di un approccio simile e racconta l’esperienza che ci ha visti accompagnare Confindustria Udine verso la creazione del suo Patto comportamentale.


Il senso del “noi” in un patto

Nello scenario economico e sociale post-COVID, le organizzazioni si trovano ad affrontare una serie di sfide uniche, tra cui la necessità di adattarsi rapidamente a nuove esigenze dei clienti e a nuovi modelli di lavoro, come il lavoro da remoto. In questo scenario, diventa sempre più centrale la riflessione su quali siano i modelli organizzativi maggiormente in grado di sostenere i tanti cambi di paradigma a cui stiamo assistendo, nella società in primis e quindi anche dentro le organizzazioni. Da qui la necessità di modelli organizzativi più agili, in grado di rispondere ai cambiamenti repentini del mercato e di mantenere la produttività anche in situazioni segnate da forte instabilità.

Modelli che si basano sull’idea che produttività e benessere (delle persone e dell’azienda) vengano generati in contesti organizzativi in cui i dipendenti sono in grado di prendere decisioni informate e di lavorare in modo collaborativo per raggiungere obiettivi comuni. Si tratta quindi di creare vere e proprie comunità organizzative, capaci di alimentarsi dell’impegno, della responsabilità e della consapevolezza di tutti i soggetti che le compongono.

Le piste di lavoro che portano in questa direzione possono essere diverse, ma se parliamo di comunità è fondamentale che ci interroghiamo su quali sono le regole che le tengono assieme, rendendole vive, produttive e cariche di senso per tutti coloro che le abitano e le fanno crescere. In questo contesto, lo strumento più potente – perché capace di attivare e sostenere lo sviluppo e il miglioramento continuo – è sicuramente quello del Patto comportamentale.

A cosa serve un Patto comportamentale?

A dare corpo ai valori dell’organizzazione traducendoli in azioni concrete, che tutti si impegnano a mettere in atto fin dal giorno successivo nel proprio contesto operativo e che quindi reggono l’attività quotidiana. Non si tratta di un semplice elenco di comportamenti e buone pratiche che viene trasferito ai collaboratori e alle collaboratrici, bensì un documento che viene costruito assieme a loro in modo partecipato attraverso sessioni di confronto guidato e che serve a identificare i comportamenti organizzativi che danno concretezza ai valori e che ne testimoniano la presenza e la vitalità nel tempo. Le parole chiave sono partecipazione, impegno e assunzione di responsabilità.

Su questo terreno ha deciso di misurarsi Confindustria Udine, che abbiamo avuto l’onore e il piacere di accompagnare negli anni e con cui è stato bello collaborare per la creazione e alla stesura di un Patto comportamentale che ruota attorno al nucleo valoriale dell’organizzazione e vuole essere essere un esempio di eccellenza per tutto il territorio, a partire da quattro “cardini” che vogliono essere un impegno e un esempio: la cultura del feedback, la condivisione delle informazioni, la capacità di gestire il cambiamento e l’affidabilità

Come abbiamo lavorato

Quali sono gli ingredienti fondamentali del percorso che abbiamo realizzato? Sicuramente, la creazione di una rete di facilitatori interni, la formazione sperimentale su quei modelli che consentono di arrivare a un patto comportamentale ma, soprattutto, di tenerlo vivo nel tempo, l’individuazione del processo partecipato di costruzione del Patto a fronte di una call to action aperta a tutta l’organizzazione in modo che chiunque potesse dare il proprio contributo. A garantire tutto il processo, in termini di coerenza e supporto alla riflessione e allo sviluppo, è poi intervenuta una sponsorship importante da parte della Direzione, elemento fondamentale perché questo tipo di percorso risulti efficace, sostenibile nel tempo e in grado di accompagnare un modello di collaborazione che predilige la comunicazione orizzontale, il senso del “noi” e la proattività, sia verso l’interno che verso l’esterno. Grazie al grande coinvolgimento delle persone è stato facile generare “buone conversazioni”, che sono poi quelle pratiche che oggi sempre di più vengono a mancare dentro le organizzazioni, dove domina la logica del multitasking, della fretta, dell’urgenza, dell’accelerazione. Ritornare alle buone conversazioni, concettualmente e anche operativamente, è stata la base di questo rallentamento che ha permesso di riflettere sulle dinamiche passate, presenti e future dell’organizzazione, sulle sue potenzialità e sulla valorizzazione delle esperienze. Da questa dinamica legata alle buone conversazioni e dal confronto a 360 gradi che ne è scaturito è nato un Patto che definisce comportamenti e azioni di miglioramento davvero capaci di innescare un processo virtuoso, duraturo e generativo nel tempo.

La traduzione artistica

Per dare ancora più forza e concretezza al risultato prodotto, non ci siamo accontentati di produrre un semplice documento che rischia di perdersi nei meandri organizzativi, ma l’abbiamo reso materiale attraverso una piccola pubblicazione. Anche in questo caso, come facciamo sempre più spesso, abbiamo utilizzato le competenze del collettivo artistico Dalla maschera al volto per generare, attraverso illustrazioni d’autore e la collaborazione con Housatonic, anche quegli impulsi di tipo creativo ed emozionale che sostengono la creazione ma soprattutto la diffusione di un Patto.

Il Patto è stato presentato pubblicamente martedì 2 maggio nella Torre di Santa Maria a Udine. Ora, occorre prendersi cura del futuro di questo patto, mantenendo attiva la dimensione relazionale e la rete dei facilitatori, continuando a dedicarsi al servizio agli associati, ma anche al miglioramento continuo con un crescente livello di efficacia e questa grande attitudine a sviluppare il modello, in modo che ognuno possa dare il suo contributo, mettendo al servizio del Patto idee, disponibilità e talenti che diventeranno un patrimonio comune.

Ti piacerebbe costruire un Patto comportamentale dentro la tua organizzazione? Scrivici e parliamone.

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