La missione del leader, una faticosa costruzione di equilibri

In quanti modi si può guidare una comunità? Quante sono le tipologie di leadership fra cui scegliere e quale si adatta meglio a questi tempi complessi che ci troviamo a vivere? Il tema della leadership (a ogni livello, che sia aziendale, economico, comunitario o politico) diventa oggi fondamentale per capire come le comunità possono trovare modi nuovi e più efficaci per darsi delle regole, organizzarsi e vivere insieme. Per parlarne, affrontiamo questa settimana la figura del Capo del Villaggio.

Capo del villaggio, leader, condottiero, imprenditore, tanti sono i nomi che si possono usare per questa figura centrale nella storia di una comunità. È una figura che ricorda per prima cosa la leadership naturale che s’instaura in un gruppo: per esempio, fra i lupi, c’è il capobranco che si assume la responsabilità della sopravvivenza del gruppo. È un ruolo affidato all’elemento più forte e astuto, che sa dare segnali precisi di leadership. Anche sul piano umano il ruolo del capo è fortemente associato a comportamenti e segnali che, pur variando nel tempo e nelle culture più diverse, conservano tuttavia dei tratti comuni molto forti. Il rischio è quello di pensare che esista un solo modo di essere leader. Sono molti le figure politiche, i leader e i manager che preferiscono rafforzare la propria leadership affidandosi a modelli stereotipati di autorevolezza gestuale e vocale di facile impatto sull’audience, invece di preoccuparsi di sviluppare ed esprimere la propria autenticità e congruenza. Più di altre, questa figura corre il rischio forte di lasciarsi intrappolare in un ruolo è forte, perdendo di vista il fatto che ogni ruolo di guida dovrebbe essere associato al concetto di responsabilità, più che a quello di controllo.

Ogni leader contiene in sé diversi tratti appartenenti ad altre figure e questo non fa che complicare le cose. In occasione del lancio di The Village, il Sindaco di Trieste Roberto Cosolini ha raccontato cosa significhi per lui essere un Capo del villaggio e le parole che ha usato esprimono bene la complessità cui deve far fronte questa figura: “La missione del Capo del villaggio è una faticosa costruzione di equilibri” – ha spiegato – “in quanto deve avere contemporaneamente la capacità di ascoltare e conoscere i problemi e le esigenze di tutti e deve avere l’equilibrio di fare poi una scala delle priorità”. Dalla responsabilità deriva il peso della scelta.

In questa ricerca dell’equilibrio, sostenuta dalla sensibilità dell’ascolto di tutte le voci, è fondamentale che intervengano il coraggio del Guerriero (perché il Capo del villaggio deve avere la forza di operare scelte difficili e di saper spiegare le motivazioni che stanno alla base delle sue scelte in fatto di priorità), la visione sistemica dello Sciamano (perché ogni leader dovrebbe essere in grado cogliere il quadro generale entro cui si muove il suo gruppo di riferimento e immaginare linee di sviluppo possibili), ma anche la capacità di saper scegliere le persone giuste di cui circondarsi per attuare concretamente la propria visione (dosando al meglio, come il Cuoco, i talenti che ha a disposizione) e un forte radicamento nei valori (integrando, quindi una buona dose di Custode del fuoco). Essere un efficace Capo del villaggio oggi significa anche avere, indipendentemente dall’ambito in cui si opera, una visione chiara e saperla comunicare in modo che diventi obiettivo condiviso, incarnando così alcune caratteristiche del Narratore.
Ascolto, attenzione, equilibrio, capacità di scegliere sulla base delle priorità e coraggio nel comunicare in modo trasparente i criteri di questa scelta vanno quindi a comporre un mosaico di competenze che solo pochi sanno dosare nel modo corretto. Il rischio che corre il Capo del villaggio, se non riesce a trovare un equilibrio, è quello di perdere la fiducia, che è la componente principale della relazione fra gli abitanti di qualunque villaggio e la figura che li guida.

Oggi, una delle grandi sfide della leadership è quella che consiste nel saper accogliere e accompagnare i processi partecipativi, facilitando modelli di leadership diffusa cioè di assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori coinvolti in un processo e facendosi carico delle scelte che determineranno il futuro – in un senso o nell’altro – della società futura.

Forse siamo pronti oggi ad accettare l’invito, che è anche una sfida, dell’antropologa Riane Eisler che propone di utilizzare il modello di partnership ugualitaria a tutti i livelli: nelle relazioni di coppia e di famiglia, nelle relazioni di lavoro, nell’impegno sociale e politico. In fondo questo è il modo più diretto per sostenere la congruenza fra pubblico e privato, e avvicina il leader al modo di essere del Capo del villaggio tradizionale del piccolo paese, della tribù o del clan, il quale altro non era che un semplice capofamiglia che portava la sua capacità di gestione alla comunità, mantenendo abili relazioni con gli abitanti del villaggio e intrecciando relazioni utili con gli altri villaggi.

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