Ascoltare per vincere: l’ascolto è centrale anche nel business

Quali sono le competenze essenziali che consentono di muoversi con successo nel mondo del business? Domanda che si ripete sempre uguale e che ha ricevuto nel corso del tempo risposte diverse. Non stupisce che si continui a ragionare sull’argomento, anche vista la complessità degli scenari odierni e la difficoltà sempre maggiore dei singoli a elaborare le informazioni disponibili.

Capire le cose, le situazioni che le determinano e i contesti più ampii in cui si inseriscono è l’unico modo per inquadrare i problemi nel modo corretto e, quindi, risolverli. In fin dei conti, di questo si va alla ricerca nel mondo del business: un sistema, strumenti che facilitino questa comprensione e consentano di attuare un decision making veramente efficace. Il problema spesso non sono le informazioni e i dati  di cui disponi o il modo in cui li analizzi. Errori di valutazione capita di farli anche quando questa “materia prima” è disponibile. Cosa fa allora veramente la differenza fra un buon manager (all’altezza delle sfide del presente) e un manager mediocre (animato magari dalle migliori intenzioni, ma incapace di far compiere un vero salto alla propria organizzazione, in direzione della crescita e dello sviluppo)? In altre parole, cosa determina la riuscita a livello individuale e organizzativo? Sembra che la risposta stia nella capacità di ascolto.
Lo sostiene il consulente americano Bernard T. Ferrari, chirurgo arrivato alla consulenza dopo una ventennale carriera in McKinsey & Company e che porta quotidianamente la pratica dell’ascolto in grandi organizzazioni di livello internazionale, per aiutarle a crescere.

Power Listening

Scritto con la consueta limpidezza e linearità della saggistica americana, Power Listening. Mastering the Most Critical Business Skill of All mostra in modo chiaro perché una scarsa capacità d’ascolto rappresenti oggi più che mai un freno alla capacità di un manager di identificare i problemi per quello che sono, leggere ed elaborare i dati che possono spiegarli, raccogliere spunti interessanti per la loro risoluzione e agire positivamente per superarli.

Sono principalmente quattro i motivi per cui, secondo Ferrari, un buon ascolto va considerato un punto fondamentale nei contesti di business:

1. L’ascolto è orientato a uno scopo: chi si occupa di business entra in una conversazione avendo già un’idea chiara di ciò che vuole ottenere.
2. L’ascolto richiede controllo: tutte le informazioni che si scambiano all’interno di una conversazione – anche quelle in entrata – vanno filtrate in vista dello scopo che ci si è prefissi.
3. L’ascolto richiede una concentrazione e un coinvolgimento totali: solo la presenza e la consapevolezza consentono di porre le giuste domande e di gestire in modo corretto intromissioni e interruzioni.
4. L’ascolto è il presupposto del decision making ovvero il modo più corretto per arrivare ai giudizi che ci viene richiesto di formulare, in vista delle azioni da intraprendere.

Ferrari parte da alcune considerazioni che ci sembrano molto interessanti, soprattutto perché corrispondono all’esperienza che facciamo nelle organizzazioni:

  • Riuscire ad ascoltare significa essere aperti a ricevere i feedabck – spiega da subito l’autore – ovvero mettersi nella predisposizione a capire le cose. Solo ascoltando veramente e in ogni direzione (colleghi, clienti, fornitori, concorrenti e soggetti regolatori) possiamo maturare una consapevolezza sul posto che occupiamo all’interno di un macrosistema economico e definire strategie d’azione e di sviluppo che ci consentano di crescere.
  • L’ostacolo maggiore all’ascolto sono i bias ovvero la convinzione di sapere già in partenza tutto ciò che c’è da sapere di una determinata situazione, problema, contesto.
  • Rimanere in ascolto consente di porre le domande giuste per chiarire situazioni, problemi, scenari. Ascoltando l’altro e facendogli le domande giuste puoi aiutarlo a rendersi conto che conosce già le risposte ai suoi problemi, ma che semplicemente non ha ancora intravisto il collegamento che esiste fra un problema e le informazioni che sono già in suo possesso.
  • Le skill di ascolto si possono apprendere: conta certamente la predisposizione personale, ma con l’esercizio si può imparare ad essere ascoltatori migliori. Anche qui, tutto parte dalla consapevolezza di che tipo di ascoltatori siamo.

Che tipo di ascoltatore sei?

Ferrari identifica quelli che chiama “archetipi” ovvero modalità di ascolto in cui a noi tutti può capitare di entrare in situazioni diverse e che possono essere compresenti nei comportamenti di ogni persona:

a. Il Supponente (Opinionator): chi ascolta solo per trovare conferma, nelle parole dell’interlocutore, delle proprie idee (che ritiene le uniche giuste).
b. Il Brontolone (Grouch): chi è convinto che le idee altrui siano sempre sbagliate e che le conversazioni siano un male necessario che va affrontato senza tener conto dell’interlocutore. Spesso, è brusco e dimostra scarso rispetto degli altri.
c. Il Manipolatore (Preambler) tiene discorsi mascherati da premesse. Più che entrare in una vera conversazione, cerca di pilotarla a proprio vantaggio, come se seguisse un copione scritto in precedenza da lui. Usa spesso domande retoriche, che non prevedono una reale risposta.
d. Il Perseverante (Perseverator) parla tanto e sembra dare un contributo significativo alla conversazione. A uno sguardo più attento, però, si nota che non fa nulla per farla avanzare e che, anzi, indulge in una sua idea fissa, precludendo l’accesso a soluzioni reali. Il suo appare più che altro un ragionare a voce alta, un soliloquio.
e. Chi ha tutte risposte (l’Answer Man) ama sentirsi un problem solver. È la persona che, quando ancora non si conosce bene il problema, ha già tutte le soluzioni. Si differenzia dal Supponente perché ha bisogno di sentirsi indispensabile, un vero e proprio “salvatore della patria”.

Le modalità esposte sono tutte ugualmente inefficaci perché chi le adotta parla troppo. Questo significa forse che l’ascoltatore migliore è quello che se ne sta buono buono e si esprime poco? Non necessariamente. Vediamo l’ultima tipologia di ascoltatore scarso:

f. Il Simulatore (Pretender) è chi non è interessato veramente a ciò che gli si dice, perché è distratto da altro o ha già una sua idea. Per tutta una serie di motivi (perché gli è stato spiegato che ascoltare è importante, per educazione, per convenienza politica, ecc.) finge però di esserlo. Non partecipa realmente alla conversazione.

Riassumendo

  • Se ascoltiamo bene, lavoriamo meglio e inneschiamo processi di cambiamento che fanno crescere noi e la nostra organizzazione. Le capacità di ascolto sono, in questo senso, una competenza distintiva che può fare di noi manager migliori e più efficaci.
  • L’ascolto dev’essere attivo e focalizzato. Fingere solo di ascoltare non porta a nulla, anzi peggiora le cose.
  • Tendenzialmente, ascoltiamo solo ciò che vogliamo sentire. Per tutta una serie di motivi, non ultimo il fatto che pensiamo spesso di avere ragione.
  • Il modo in cui una persona ascolta può essere un buon indicatore di come ragiona e, in generale, delle sue capacità. In altre parole, dimmi come ascolti e ti dirò chi sei.
  • Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, ascoltare non significa perdere tempo, perché consente di distinguere le informazioni rilevanti da quelle che non lo sono in mezzo a una massa di dati e informazioni confuse. Questo consente di prendere decisioni migliori e di non essere costretti a ritornare su una decisione sbagliata per rivederla e correggerla.
  • Un buon ascolto può facilitare un’analisi più fluida, una pianificazione più attenta e processi decisionali più competenti e decisi. Prima di aggiustare qualcosa, devo capire in che punto è rotta.
  • L’esercizio è tutto.

Come si fa a tradurre questa teoria in capacità reale di ascolto? Beh, per questo dovrete leggere il libro 🙂

Altre cose che puoi fare dopo aver letto il post:

Guarda l’intervista all’autore
Visita il canale YouTube dedicato al libro



Power Listening. Mastering the Most Critical Business Skill of All

di Bernard T. Ferrari
Portfolio / Penguin, 2012

I contenuti di questo post sono rilasciati con licenza Creative Commons 3.0 (CC BY-NC-SA 3.0).

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