La selezione del personale, fra tradizione e innovazione
Per rispondere alle sfide attuali del recruiting, DOF lancia un percorso modulare pensato appositamente per Recruiter, Manager e Responsabili che si trovano ogni giorno alle prese con l’esigenza di trovare la persona giusta per il ruolo giusto. A Udine dall’8 al 29 maggio.
Partiamo da qualche domanda:
→ Ti è capitato che un candidato non abbia accettato la proposta di assunzione della tua azienda?
→ Ti è mai successo di assumere una persona che si è rivelata non idonea al ruolo?
→ Ti sei mai trovata nella situazione di dover riaprire la ricerca perché il nuovo assunto ha dato le dimissioni dopo poco tempo?
Nella nostra esperienza, si tratta di domande quasi retoriche, perché descrivono situazioni che si verificano molto di frequente nelle organizzazioni. Spesso, proprio quelle che ci vengono descritte da clienti che chiedono il nostro supporto nel delicato processo di selezione del personale. Perché trovare la persona giusta per il ruolo giusto è diventato così difficile? Per tutta una serie di motivi, che hanno a che fare con i cambiamenti avvenuti all’interno della società e del mondo del lavoro.
Se dovessimo isolare le tre problematiche principali, diremmo che sono la mancanza di un approccio strategico al processo di selezione, la mancanza di consapevolezza che non è più solo l’azienda a scegliere il candidato, l’incapacità di gestire in modo consapevole il colloquio, sottovalutando il fatto che il selezionatore è, prima di tutto, un essere umano.
1. La selezione come momento strategico
Il primo problema è rappresentato dal fatto che non sempre è facile, per un selezionatore, sviluppare la consapevolezza di quale sia il profilo che serve realmente, in un dato momento, all’azienda: la riflessione sulle competenze ha raggiunto ormai una certo grado di complessità ed è importante saper distinguere fra competenze tecniche e soft skill, tenendo presente che ogni organizzazione è come un organismo e che ogni elemento inseriamo al suo interno può rappresentare sia un attivatore di energie che una minaccia all’equilibrio. Se vogliamo ragionare in modo strategico, dobbiamo abituarci a pensare più in termini di acquisizione e gestione del talento che di semplice copertura di posizioni vacanti. Per riuscirci, abbiamo bisogno – nella nostra cassetta degli attrezzi di recruiter – di strumenti che ci consentano di leggere tutti quegli aspetti “tangibili e intangibili” che si annidano in un processo di selezione e che ci danno indicazioni importanti su come la persona con cui ci confrontiamo si potrà inserire nel nostro contesto lavorativo.
Domande chiave a cui rispondere: Qual è il potenziale di crescita della persona e quale valore apporterà all’organizzazione?
2. La selezione come processo a due vie
Seconda questione: il talento è oggi più esigente. Questo significa che, sempre più, conterà ciò che la persona che si candida a una posizione pensa della nostra azienda. Pensiamo ai millennial e, ancora di più, a chi fa parte della Generazione Z, che a un lavoro chiede cose che passavano in secondo piano per le generazioni precedenti: soddisfazione personale, valori in cui riconoscersi e senso di appartenenza a una realtà stimolante e in grado di fare una differenza nella società in cui è inserita, contesti lavorativi tecnologicamente adeguati e progettati per favorire il benessere del dipendente (per non parlare delle possibilità offerte dallo smart working). Mentre fino a ieri le aziende sceglievano i propri dipendenti, oggi azienda e dipendente si scelgono a vicenda, tanto che si parla ormai di employer branding cioè della capacità che l’organizzazione ha di attrarre talenti grazie a una reputazione credibile e positiva come employer.
Domande chiave a cui rispondere: Quali aspettative reciproche abbiamo? Qual è la motivazione reale della persona che abbiamo davanti? Siamo davvero così attrattivi?
3. La selezione alla prova dell’umanità
Ci sono, infine, i rischi del processo di selezione del personale, che sono perlopiù legati alla dimensione di valutazione contenuta in ogni colloquio. La gestione di pregiudizi e bias da parte del selezionatore viene talmente percepita come difficile che alcune realtà ci hanno addirittura rinunciato. Noi crediamo invece che i recruiter non debbano rinunciare a essere professionisti formati, in grado di scegliere e, soprattutto, consapevoli dei propri limiti di esseri umani, anche nel momento in cui si trovano a dover decidere del futuro professionale di un’altra persona. Non si tratta di diventare tutti psicologi, ma di utilizzare in modo corretto strumenti di lettura di tutte quelle distorsioni cognitive che agiscono come filtri di lettura e interpretazione della realtà, frutto della nostra esperienza e del nostro vissuto professionale e umano.
Domande chiave a cui rispondere: Sono consapevole dei rischi di valutazione a cui vado incontro come recruiter? Sono in grado di riconoscerli e di correggerli?
Il percorso DOF
Per provare a superare queste problematiche, abbiamo messo a punto un percorso modulare in 4 incontri:
- DAY 1
Il recruiting in un mondo che cambia.
L’avvio del processo di selezione: facilitare l’analisi e la comprensione del bisogno reale. - DAY 2
Le modalità comportamentali.
Carattere e comportamenti organizzativi: i Metaprogrammi, teoria e applicazione. - DAY 3
I rischi di un colloquio di selezione.
Distorsioni cognitive: riconoscerle e gestirle.
La motivazione: farla emergere dal candidato. - DAY 4
Le macro-fasi del colloquio e buone prassi.
La gara per i “talenti” e il tema generazionale: come gestirli.
Il primo ciclo di incontri si tiene dall’8 al 29 maggio a Udine, dalle 14 alle 18. Si può acquistare il pacchetto o i singoli moduli. Il termine per iscriversi è il 30 marzo 2020.