Fai qualcosa di importante
Qualche mese fa, Shyam Sankar, responsabile del Forward Deployed Engineering alle Palantir Technologies e pioniere nell’utilizzo dei dati per la risoluzione di problematiche globali, ha pubblicato sul suo sito un post dal titolo Do Important Things. In altre parole, fa’ qualcosa di importante.
Le prime parole dell’articolo rincarano la dose con “Work on big problems. Change the world for the better” ovvero “lavora sulle questioni importanti e cambia il mondo in meglio”. Obiettivo senz’altro ambizioso e nobile (chi non vorrebbe cambiare il mondo?), ma – avverte – Sankar impossibile da raggiungere se non si possiede un modello da cui far discendere le nostre azioni e il modo in cui realizziamo in concreto quelli che all’inizio sono “soltanto” idee, propositi, sogni. I piani sono fragili per natura e destinati a scontrarsi con la realtà della vita.
Come si fa a trovare un metodo? Sankar racconta che la più grande lezione sul tema gli è venuta dagli ingegneri (quelli bravi, ovvio) con cui ha avuto occasione di lavorare nel corso degli anni, i quali gli hanno spiegato che quando si vuole creare o migliorare un prodotto è essenziale non lasciarsi limitare da ciò che può fare, ma dai problemi che aiuta a risolvere e dai diversi tipi di realtà in cui verrà utilizzato. Applicando il consiglio alla sua ricerca sui modelli, l’autore lo riformula in questi termini: non farti limitare da ciò che sai ora, bensì sforzati di ottimizzare più che puoi le possibilità che hai di produrre un impatto vero e importante nel mondo in cui vivi. Potremmo dirla anche in questi termini: ricordati che l’uomo è un animale che impara e sfrutta al meglio le tue risorse. Soprattutto, confrontati sempre e nel modo più diretto possibile con la realtà.
Sono molto interessanti i 5 consigli che Sankar dà a chiunque voglia provarci:
1. Be in the right place (Trovati nel posto giusto): se vuoi davvero fare la differenza in un determinato ambito, cerca di scoprire qual è il suo centro reale di innovazione, il centro di gravità, l’occhio del ciclone in cui vale la pena esserci. L’esempio sarà pure scontato, ma la Silicon Valley è la Silicon Valley.
2. Don’t join a company to be a minion (Non entrare in un’azienda dove finirai per essere solo un tirapiedi): occhio a questa soprattutto se siete giovani di “belle speranze”. Non basta essere bravi perché un’azienda che ha una determinata cultura organizzativa decida di darvi fiducia e lasciare che la cambiate. Anzi, la vostra voglia di cambiamento e il vostro entusiasmo potrebbero essere vissuti come una minaccia. Soprattutto, non fate l’errore di ritenere che quella del “tirapiedi” sia una fase necessaria da superare e transitoria: magari farete carriera, ma chi entra tirapiedi rimane tirapiedi per sempre (solo rispetto a livelli superiori). È un po’ come in politica: se accetti di essere relegato al ruolo del portaborse, può darsi che diventerai portaborse di un ministro, difficilmente sarai tu quel ministro.
Il problema è che, spesso, alle aziende piace continuare a fare le cose nel modo in cui l’hanno sempre fatto. Dio solo sa quanto questo sia vero.
3. Join – or start – a company that supports your ability to innovate and solve problems (Entra in un’azienda che sostenga la tua capacità di innovare o risolvere problemi. In alternativa, fondala tu). Sempre più difficile. Giustamente, Sankar si chiede come un’azienda che non fa del tema dell’innovazione la propria preoccupazione quotidiana potrebbe mai sostenere l’innovazione che tu, povero dipendente con tante idee buone in testa, ti offri di portare al suo interno. Risultato: poche occasioni per dimostrare quanto vali (e da cui potresti imparare molto) e un posizionamento insufficiente sul mercato dell’innovazione (o, se non altro, troppo misero per consentirti di valorizzare e realizzare i tuoi progetti).
4. Don’t join a company because you think you’ll learn a lot… (Non entrare in un’azienda perché pensi che imparerai un sacco di cose…). Il consiglio può risultare controintuitivo, ma è bene ricordare non sempre è vero che in una realtà grande e strutturata gerarchicamente si possa imparare molto. Molto meglio, avverte l’autore, scegliere una realtà in cui potersi mettere subito in gioco perché il modo migliore per imparare rimane comunque quello di farle, le cose. Inoltre, occorre fare molta attenzione anche a ciò che si impara: se il risultato di una lunga gavetta in un’organizzazione che non vi lasci spazio è quello di imparare ad adattarsi al sistema, forse è meglio cercare delle alternative.
5. …But never forget how much you have to learn (…ma non dimenticare quanto ancora devi imparare): la vera innovazione passa per cicli continui di tentativi, errori e verifiche, un circuito continuo che viene riassunto nella classica espressione trial and error, dove l’elemento centrale e di vera crescita non è né il tentativo né l’errore, ma il feedback che ricavo dalle mie azioni.
In fondo, imparare significa questo: fare tesoro del feedback e integrarlo nei passi futuri. Perché imparare è la via, ma l’obiettivo – non dimentichiamolo – rimane quello del fare!
Leggi l’articolo integrale di Shyam Sankar, Do Important Things
I contenuti di questo post sono rilasciati con licenza Creative Commons 3.0 (CC BY-NC-SA 3.0). Nell’immagine in evidenza, Sankar in un momento della sua presentazione al TEDGlobal 2012 di Edimburgo.